Marco Mengoni: ‘A 16 anni pesavo 105kg’
30 anni, 10 di carriera, 50 dischi di platino ed è innarestabile.. parliamo di Marco Mengoni, che, in un’intervista al settimanale Sette del Corriere della Sera – ha raccontato:
“Quando avevo 16 anni me ne sono andato via da casa ed è iniziato il mio cambiamento, sono andato a cercare altro da quello che non mi dava più il mio paese di 8 mila anime, Ronciglione, anche se è un bellissimo borgo medievale in Alto Lazio, anche se mi ha dato tantissimo e radici forti. Mi sono buttato, ci ho provato e tutti i giorni mi sveglio e penso come sono stato fortunato! Non ho cercato quello che è avvenuto, cercavo di seguire la mia passione, non la fama”.
E’ stato coraggioso:
“Un giorno ho detto a mio padre e mia madre: voglio andare via. Mamma, mamma italica doc, si è messa a piangere, papà ha detto: ‘Se passi da quella porta devi mantenerti, io non ti darò niente’. Adesso lo ringrazio. Vivevo in una casa umile, al Tuscolano, pagavo mi pare 250 euro. Facevo il fonico in uno studio registrando pubblicità, e facevo il barista in un pub a Frascati. Già al paese lavoravo, a 14 anni facevo il cameriere, i turni d’estate; ero un solitario, lo facevo per combattere la timidezza. Mio padre mi ha insegnato a faticare e poi io sono de coccio, Capricorno ascendente Vergine: ho vissuto la prima parte della vita più testardo, come il Capricorno, ora sono più preciso, Vergine. Sono stati anni di fatica, ma ho imparato come fare la spesa, come arrivare a fine mese. Ancora oggi faccio quasi tutto io, in casa, e metto a posto prima che arrivi la signora che viene per le pulizie”.
Poi il ricordo sui suoi nonni:

“Il nonno paterno si chiamava Sestilio, è vissuto con me da quando avevo 2 anni perché nonna morì giovane, mi ha fatto quasi da genitore, di più: oggi è la mia comfort zone, quello che in psicologia chiamano punto di pace. Con lui andavo a funghi, al lago di Vico, facevo passeggiate al Fontanile e oggi spesso torno là con la mente. Quando vai verso il buio, la comfort zone ti riporta a galla, ti porta via da là: sorrido sempre quando penso a mio nonno”.
Il ricordo di quando era obeso:

“Sono arrivato a pesare 105 chili, forse mangiavo per combattere l’insicurezza, sì anche la Nutella… poi quasi naturalmente, forse per un cambiamento ormonale, sono arrivato a 62, ho perso quasi 40 chili. Ora sono 83”.
Un’immagine di lui, che lo sprona a stare meglio e a non mollare mai la guardia:
“Mi vedo come con i chili in più, mi è di aiuto, mi porta a fare sempre di più, sempre meglio, a non mollare la guardia mai, a non tornare là. È una fase della mia vita che mi porto dietro e con la quale combatto meglio il mostro che non c’è più. Se voglio una cosa la raggiungo con tutti i mezzi possibili”.
Un periodo non facile, in cui è stato vittima di bullismo:
“Mi privavo di tutto, di uscire, di mettere gli occhiali da sole; sempre stato un lupo solitario, poco sociale: molto forte la parte animale ma quella sociale meno, mi vergognavo a fare tutto, anche a mettere una maglietta”, ricorda.
Si è messo spesso in situazioni scomode:
“Mi sono messo in situazioni scomode, come viaggiare da solo: prima dell’ultimo album Atlantico sono partito da solo con il mio zaino, certe volte ho anche avuto paura, facendo l’autostop a Cuba un signore che mi aveva dato un passaggio imbrocca una stradina, entra in un cancello, mi sono detto è finita, chiamo la Farnesina, ma in realtà poi quel signore era veramente alla ricerca di benzina (di contrabbando!) ed è ripartito”.
Uno dei suoi ricordi più belli? L’incontro con Lucio Dalla.
“Tutto è iniziato con una terribile gaffe da parte mia. Mi chiama questo numero sconosciuto, alla prima non ho risposto, alla seconda uno mi dice sono Lucio e io dico Lucio chi? e ho riattaccato. Poi mi hanno chiarito che mi cercava davvero Dalla e non mi trovava, e sono andato a Bologna in questa casa bellissima e parliamo, parliamo, e io friggevo perché erano venute le sette di sera e alle nove avevo il treno. Abbiamo registrato in mezzora. Oggi l’avrei fatta diversa, forse meglio, ero giovane”.
Cosa ne pensa della società di oggi?

“La società va veloce e non esiste più quella consacrazione lì dei nostri punti di riferimento, alla Dalla o alla De André. Devi metterti alla prova di continuo. Non è detto che il mio prossimo disco vada bene. Chi nasce oggi, o è nato da un po’, la sente da subito l’instabilità, non voglio usare la parola precarietà. Ma questa instabilità, dovuta a un’evoluzione che coinvolge tutta la società, la senti. Niente ora è in equilibrio. Sono nato con le cassette, durate poco, poi sono venuti i cd, poi il digitale e poi chissà”.
Ammira Chiara Ferragni, la definisce un genio nel suo campo, nell’autocomunicarsi, ma si sente distante dai social: “E’ troppo facile tutto oggi, anche distruggere le persone – dice -. Io sono sicuro che, se si dovesse pagare per un commento, la gente ci penserebbe di più”.
“Io ho 30 anni e mi sono aiutato, analizzato, fatto analizzare, fatto gavetta più o meno lunga, ai like e dislike sono vaccinato. Per questo la mia vita privata sui social non mi va di mettercela, se è privata non mi va di mettere in mezzo persone che non c’entrano con la mia fama. Io faccio questo mestiere e io devo essere fucilato in piazza, ma non voglio che i miei cari siano massacrati. Ci tengo a proteggere le piante, figurarci le persone che mi stanno accanto!”.
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